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Prosegue con il terzo appuntamento la serie di webinar Call4Women: Perché sembra così difficile per una donna diventare imprenditrice? Nell’ambito della call lanciata da Endeavor Italia (qui sponsorizzata da Fondazione Sviluppo e Crescita CRT) e B Heroes, quattro professioniste in ruoli diversi ruoli cercano di rispondere a questa complessa domanda.
Questa volta abbiamo avuto con noi Lisa Di Sevo, partner di PranaVentures e presidente di SheTech, la community che supporta le donne nel mondo della tecnologia, del digitale e dell’imprenditoria.
Di Sevo ha concentrato il suo intervento sui fondi di investimento e sul ruolo che questi possono avere nel colmare il gender gap e facilitare la nascita al femminile dei così detti “unicorni”.
“È stata una donna, Aileen Lee, a coniare la definizione di ‘unicorn’ per indicare startup valutate più di un miliardo di dollari. Era il 2013 e solo due società di questo tipo avevano almeno una co-founder donna, e nessuna CEO. Questo è importante, perché le scelte di investimento si basano sui pattern di chi ha già avuto successo: se le donne non sono tra i fattori di successo di una startup, si tenderà a non considerarle tali. Con tutte le conseguenze del caso.”
Dal 2013 le cose sono migliorate, ma non così tanto. Le co-founder donne di unicorni erano 15 nel 2018, 21 nel 2019. Su 45 unicorni del Nord Europa, nessuno ha una fondatrice donna.
“Il mio modello è Melanie Perkins, la founder di Canva, prima a raggiungere lo status di unicorno nell’area dell’Asia Pacifica. Lei ha incontrato oltre cento investitori, ed è grazie al loro feedback che è riuscita a chiudere il foundraising” ha detto Di Sevo. “I fondi hanno una forte responsabilità nel distribuire le opportunità di successo. Se dai il 93% dei fondi a team composti da soli uomini, ne consegue inevitabilmente che le donne hanno molte meno opportunità di diventare unicorni.”
I fondi decidono in cosa investire sulla base dei pattern stabiliti da successi pregressi. Per questo, secondo Di Sevo, è necessario partire dai fondi di venture capital per implementare soluzioni che aiutino a ragionare anche fuori da questi pattern.
Alcuni spunti concreti emersi sono:
“Questi elementi, tutti insieme, possono aiutare la crescita dell’imprenditoria femminile. Oggi i fondi di venture capital hanno l’incredibile opportunità di modificare la diseguaglianza all’interno dell’ecosistema.”
Alle studentesse presenti al webinar che vogliono avvicinarsi al mondo delle startup, Di Sevo consiglia di partire dall’esplorazione della community per cominciare a mettersi in gioco. A chi dubita di non essere presa sul serio perché donna, specie se giovane, dà un prezioso consiglio:
“Si tratta in parte di un problema reale, è inutile negarlo… ma a volte è anche un limite che ci mettiamo noi. La sensazione di non essere ascoltate non è piacevole, ma nella medesima situazione, i nostri colleghi uomini vanno dritti come martelli, insistono finché qualcuno non li ascolta. Noi dobbiamo fare lo stesso.”
Infine, anche Di Sevo, come le nostre panelist precedenti, raccomanda di non sottovalutare l’importanza del team:
“Da idee grandiose, ma sviluppate da team mediocri, non nasce niente. Da team eccellenti, anche con idee non eccezionali, si costruiscono aziende solide.”
Ci vediamo martedì 27 aprile con il quarto appuntamento in compagnia di Daria Bernardoni, Chief Content Officer di Freeda. Registratevi gratuitamente qui!
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